Green&Blue

Ambiente

Far cambiare idea ai negazionisti climatici è più difficile del previsto

Una protesta ambientalista
Una protesta ambientalista 
Un esperimento dell'università di Bonn e dell'Institute of Labor Economics condotto su 4mila persone ha dimostrato che chi non crede al cambiamento climatico non lo fa per autoingannarsi e quindi giustificare i comportamenti sbagliati, lo fa perché ci crede davvero
2 minuti di lettura

Nonostante decenni di ricerche, un corpus importante di evidenze scientifiche, dati inconfutabili e modelli teorici lo abbiano ormai confermato oltre ogni ragionevole dubbio, c'è ancora chi non crede che sia in atto un cambiamento climatico, o chi ritiene che il cambiamento climatico non sia attribuibile all'attività dell'essere umano sul pianeta. Come è possibile? A porsi questa domanda è stata un'équipe di scienziati della University of Bonn e dell'Institute of Labor Economics (Iza): per provare a trovare una risposta, gli esperti hanno condotto un esperimento online su oltre 4mila persone, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Climate Change. L'analisi dei risultati dell'esperimento ha svelato uno scenario parzialmente inatteso, che ha sorpreso gli stessi autori del lavoro. E di cui, soprattutto, non è immediato comprendere le conseguenze e pianificare le contromisure.


Ma andiamo con ordine senza anticipare nulla. L'ipotesi più comune per spiegare il fenomeno del cambiamento climatico coinvolge una forma specifica di "auto-inganno", un meccanismo psicologico che porta le persone a convivere meglio con i propri comportamenti sbagliati pensando che le loro conseguenze non saranno poi così drammatiche: "Questo processo di pensiero", ha spiegato Florian Zimmermann, economista all'ateneo tedesco, direttore di ricerca all'Iza e co-autore del lavoro, "è detto 'ragionamento motivato' e ci aiuta a giustificare i nostri comportamenti". Ad esempio: chi si serve spesso dell'aereo per spostarsi obietta che anche se non lo facesse l'aereo decollerebbe comunque, o che una decina di voli l'anno non fanno molta differenza in termini di emissioni di gas serra, o ancora, e qui arriviamo al punto, che i cambiamenti climatici non esistono o comunque non sono legati alle abitudini umane. II ragionamento motivato è proprio questo: "pieghiamo" i fatti perché si adattino al nostro comportamento e in questo modo riusciamo a mantenere un'immagine positiva di noi stessi senza cambiare il nostro comportamento.


Dicevamo che è questo processo quello che tradizionalmente si ritiene più associato al fenomeno del negazionismo del cambiamento climatico, e Zimmermann e colleghi, con il loro esperimento, hanno provato a verificarlo. Per farlo, hanno diviso in modo casuale i partecipanti allo studio in due gruppi di persone. Ciascuna persona aveva a disposizione un budget di venti dollari: i membri del primo gruppo potevano assegnarli a due associazioni impegnate nel contrasto ai cambiamenti climatici, mentre i membri del secondo potevano decidere di tenere il denaro per sé anziché devolverlo (particolare importante: si trattava di soldi veri, che avrebbero effettivamente ricevuto al termine dell'esperimento). "È chiaro - ha spiegato Zimmermann - che chi decide di tenere per sé il denaro deve in qualche modo 'giustificare' a se stesso di averlo fatto. E un modo per farlo è di sostenere che il cambiamento climatico non esiste".


Effettivamente, quasi la metà dei componenti del secondo gruppo ha deciso di tenere i soldi per sé: successivamente, i ricercatori hanno "mescolato" i volontari dei due gruppi, sempre casualmente, e avviato una discussione per comprendere se gli "egoisti" si comportassero da negazionisti del cambiamento climatico. E qui la sorpresa: "Non abbiamo visto alcun segnale di questo effetto", dice Zimmermann. "E questa osservazione è stata confermata anche da due esperimenti successivi, simili al primo. In altre parole, il nostro studio non ha fornito alcuna prova che le idee sbagliate (e molto diffuse) sul cambiamento climatico siano riconducibili all'auto-inganno del ragionamento motivato". Potrebbe sembrare una buona notizia, perché in prima battuta la cosa potrebbe suggerire che è effettivamente possibile (e relativamente semplice) correggere le convinzioni errate sul cambiamento climatico semplicemente fornendo informazioni complete, il che sarebbe invece molto più difficile se il fenomeno fosse frutto di un auto-inganno che "piega" la realtà a nostro uso e consumo.

 

Ma gli autori del lavoro sono più scettici a riguardo: "Ad analizzarli bene", conclude Zimmermann, "i nostri dati rivelano la presenza di una variante più sottile del ragionamento motivato, in particolare che negare l'esistenza del riscaldamento globale faccia in realtà parte dell'identità politica di alcuni gruppi di persone". Ossia, in altre parole, che il negazionismo del cambiamento climatico, in una certa misura, definisca l'identità di alcune persone, sia intrinsecamente legato al loro sistema di valori e credenze. Cioè che ci credano per davvero, e che non siano affatto preoccupati di ciò che pensano gli altri o del loro giudizio. Se così fosse, smontare le loro convinzioni potrebbe essere molto più arduo del pervisto.